In un mondo sempre più dominato dalla logica del profitto, dal progresso economico e dalla globalizzazione, i territori rischiano di essere ridotti a semplici risorse da sfruttare. Tuttavia, è fondamentale ricordare che i territori rappresentano molto di più: sono luoghi intrisi di storia, cultura e biodiversità. Sono il frutto di secoli di interazione tra le comunità umane e l’ambiente naturale, dove tradizioni, usanze e identità si sono radicate profondamente, evolvendo insieme a noi.
Credo fermamente che il ritorno al territorio sia l'unica via percorribile per uscire dal vicolo cieco in cui ci siamo infilati. Non possiamo più accettare politiche imposte dall’alto, che frammentano i territori in settori artificiali e calano dall'esterno soluzioni che pretendono di bilanciare gli squilibri che noi stessi abbiamo creato. Pensare di risolvere i problemi con la stessa mentalità che li ha generati è pura follia. È giunto il momento di ribaltare questa visione e ripartire dalle comunità locali. La politica dovrebbe fungere da coordinamento tra le esigenze locali e le decisioni centralizzate, piuttosto che continuare a imporre scelte da lontano, senza considerare la realtà concreta dei territori.
Abbiamo distrutto le città e ora stiamo assalendo campagne e montagne con la stessa visione miope e priva di coscienza del limite.
Quando parliamo di territorio, non ci riferiamo solo a un concetto geografico o economico, ma a un complesso sistema di relazioni che lega indissolubilmente le persone ai loro spazi di vita. È proprio questo legame che costituisce la vera ricchezza di un territorio: una ricchezza che non può essere misurata esclusivamente in termini economici, ma che include valori immateriali come il senso di appartenenza, la memoria storica e il rispetto per l’ambiente. Questi valori sono altrettanto fondamentali per la nostra salute mentale e il nostro benessere complessivo.
Purtroppo, le politiche di sviluppo spesso ignorano questi aspetti essenziali, privilegiando interventi che offrono benefici a breve termine a scapito della sostenibilità a lungo termine e senza considerare l'autosufficienza territoriale. Il risultato è una progressiva erosione dei territori, con la perdita di biodiversità, la distruzione di paesaggi unici e lo sradicamento di comunità che hanno vissuto in armonia con la natura per generazioni.
È quindi urgente adottare un nuovo modello di sviluppo territoriale che metta al centro le esigenze delle comunità locali e la protezione dell’ambiente. Un modello basato sulla partecipazione attiva e sul coinvolgimento diretto degli abitanti nelle decisioni che riguardano il loro futuro. Solo attraverso un approccio inclusivo e sostenibile possiamo garantire che i territori rimangano luoghi vivi e vitali, capaci di offrire benessere e qualità della vita alle generazioni presenti e future.
Difendere i territori significa, in ultima analisi, difendere noi stessi. Significa riconoscere il valore intrinseco dei luoghi che abitiamo e impegnarci a preservarli come patrimoni comuni, da trasmettere intatti a chi verrà dopo di noi. Non possiamo permetterci di dimenticare ciò che i territori rappresentano: il cuore pulsante delle nostre comunità, il tessuto connettivo che tiene unito il nostro Paese, e la fonte di una ricchezza che va ben oltre il mero denaro. Solo con una visione lungimirante e un impegno collettivo potremo assicurare che i territori continuino a essere fonte di vita, cultura e benessere per tutti noi. Senza una politica che abbracci una visione ecoterritorialista, rischiamo di rimanere intrappolati in un circolo vizioso di impoverimento.
Il nostro dovere è dunque quello di ripartire dai nostri "luoghi di vita", riacquisendo coscienza del luogo e del limite. Cosa significa questo? Significa che non possiamo più vivere in una bolla dorata, in costante debito con il pianeta Terra (come dimostrato dall’Overshoot Day), dove la nostra parte del mondo consuma risorse più velocemente di quanto la natura possa rigenerarle. Ripartire dai territori significa anche adottare uno stile di vita sobrio, che superi il consumismo sfrenato. Uno stile di vita che attinga ciò di cui ha bisogno dalle filiere locali, orientandosi verso prodotti di qualità che promuovano economie durature, senza depauperare il territorio.