Negli ultimi anni, la crisi climatica ha acquisito una presenza costante nel dibattito pubblico e politico. Gli eventi climatici estremi, come alluvioni, incendi e siccità, stanno diventando sempre più frequenti, non solo in Italia ma in tutto il mondo. Questo aumento dell’instabilità ambientale non ha solo un impatto fisico sui nostri territori, ma sta anche minando il benessere psicologico delle persone. In particolare, si sta diffondendo un fenomeno chiamato **eco-ansia**, uno stato di ansia profonda legato alla percezione dell’imminente disastro ecologico e all’impotenza nel fermarlo. È in questo contesto che si inserisce lo studio scientifico "Insights into Eco-Anxiety in Italy: Preliminary psychometric properties of the Italian version of the Hogg Eco-anxiety Scale" di Giulia Rocchi, Jessica Pileri, Federica Luciani, Alessandro Gennaro e Carlo Lai, che esplora le radici e l’impatto di questo fenomeno psicologico emergente.
Cosa ci dice lo studio sull'eco-ansia in Italia?
Lo studio condotto da Rocchi e i suoi colleghi ha esaminato la validazione psicometrica della Hogg Eco-Anxiety Scale (HEAS) in Italia, uno strumento che misura il livello di ansia ecologica tra le persone. Il campione analizzato ha incluso diverse fasce d’età e generi, e i risultati offrono uno spaccato chiaro dell’impatto psicologico che il cambiamento climatico sta avendo sulla popolazione italiana.
Uno degli aspetti più interessanti che emergono dallo studio riguarda le differenze di genere e di età. Le donne, ad esempio, tendono a manifestare livelli più alti di eco-ansia rispetto agli uomini. Questo potrebbe essere collegato a un maggiore coinvolgimento emotivo o una maggiore consapevolezza del ruolo di cura che spesso viene loro attribuito socialmente, rendendo la percezione delle crisi ambientali ancora più drammatica. Anche i giovani mostrano un'incidenza maggiore di eco-ansia, un dato che riflette la loro preoccupazione per un futuro che sembra sempre più incerto.
La HEAS si è rivelata uno strumento utile per valutare questa ansia ecologica in modo scientifico, mostrando una buona affidabilità psicometrica nel contesto italiano. Attraverso le sue dimensioni, l’HEAS permette di valutare non solo il livello di preoccupazione delle persone, ma anche il senso di impotenza e angoscia che deriva dall'osservare l'inazione collettiva o individuale di fronte alla crisi climatica.
L'eco-ansia e le implicazioni politiche
Ma perché è importante parlare di eco-ansia nel contesto della politica ecologista? La risposta risiede nel fatto che questa forma di ansia non è solo un problema individuale, ma una risposta collettiva a una minaccia globale. Come dimostra lo studio, l'eco-ansia è il riflesso di una consapevolezza crescente che le istituzioni politiche, spesso, non riescono a rispondere adeguatamente all'emergenza climatica. Questo genera frustrazione e ansia in chi vorrebbe vedere azioni concrete per fermare il disastro in corso.
L’eco-ansia può e deve diventare un punto centrale del dibattito politico. Le istituzioni non possono ignorare questo segnale che proviene dalla popolazione, specialmente dai giovani. Politiche efficaci per affrontare il cambiamento climatico devono includere anche il sostegno psicologico per le persone che ne soffrono. Creare spazi di ascolto, implementare programmi educativi che aiutino le persone a canalizzare la loro ansia in azioni concrete e positive, e fornire risorse per il supporto psicologico sono passi fondamentali per affrontare questo nuovo aspetto della crisi climatica.
Un percorso politico e collettivo verso il cambiamento
Alla luce dei risultati di questo studio, è chiaro che non possiamo parlare di soluzioni ambientali senza considerare il benessere psicologico delle persone. L’eco-ansia deve diventare un tema di discussione nella progettazione delle politiche ecologiste. Il cambiamento climatico non è solo una questione di dati scientifici e decisioni politiche tecniche: è anche una questione di salute mentale collettiva.
Ogni cittadino che si sente sopraffatto dalla crisi climatica dovrebbe trovare risposte, non solo attraverso misure che riducano le emissioni, ma anche grazie a politiche che riconoscano e affrontino il peso psicologico che queste sfide globali stanno imponendo. Un movimento ecologista deve includere anche la lotta per un futuro in cui il benessere della Terra e quello delle persone siano interconnessi, e lo studio di Rocchi e colleghi ci offre un valido punto di partenza per iniziare a integrare la dimensione psicologica nel dibattito ambientale.
La politica ecologista ha ora una nuova responsabilità: riconoscere l'eco-ansia come una parte fondamentale del cambiamento climatico e trasformarla in un catalizzatore per l'azione collettiva. Solo così potremo non solo affrontare la crisi climatica, ma anche costruire una società più resiliente e preparata a sostenere il peso psicologico delle sfide che ci attendono. Inoltre il recente Ddl Sicurezza va a criminalizzare le modalità di protesta che le nuove generazioni hanno adottato esasperando ulteriormente il dialogo generazionale, cosa che rischia di diventare sempre più esplosiva.
Se sei giunto fin qui sarei curioso di sapere il tuo parere nei commenti?
Riferimenti:
- Rocchi, G., Pileri, J., Luciani, F., Gennaro, A., & Lai, C. (2023). *Insights into Eco-Anxiety in Italy: Preliminary psychometric properties of the Italian version of the Hogg Eco-anxiety Scale*.