La gestione della questione migratoria in Italia si evolve costantemente, con continui arrivi a Lampedusa e modifiche legislative che alimentano il dibattito su temi cruciali come la gestione degli hotspot, la definizione di “paese sicuro” e i trasferimenti dei migranti verso altre nazioni. Secondo Pagella Politica, attualmente il governo Meloni ha realizzato solo il 20% del suo programma elettorale. Oltre al "blocco navale," era stato promesso di istituire hotspot in Albania e in altri paesi extraeuropei. Ma perché questo progetto rischia di fallire? Cerchiamo di capire.
Come dovrebbe funzionare il protocollo in Albania?
Gli hotspot italiani, come quello di Lampedusa, sono il primo punto di arrivo per i migranti soccorsi da istituzioni italiane come la Guardia di Finanza e la Guardia Costiera, spesso in acque internazionali. Nei centri come quello di Lampedusa vengono smistati gruppi vulnerabili, come donne, bambini e persone fragili, mentre gli uomini adulti provenienti da paesi definiti “sicuri” dovrebbero essere trasferiti in Albania senza mai scendere a terra in Italia. Una volta arrivati in Albania, questi migranti verrebbero esaminati da una commissione territoriale; se le loro richieste di asilo venissero rigettate, sarebbero poi rimpatriati. Tuttavia, questa è la teoria: in pratica, i rimpatri sono estremamente complessi e richiedono espliciti accordi con i paesi di origine.
La definizione di “Paese Sicuro”
Uno dei concetti chiave nella gestione migratoria è quello di “paese di origine sicuro,” introdotto dalla Direttiva 2013/32/UE. Secondo questa normativa, un paese è considerato sicuro solo se non presenta situazioni generali di persecuzione, tortura o trattamento disumano e garantisce il rispetto dei diritti umani fondamentali. Questa definizione non è tuttavia rigida e permette a ciascun Stato membro di redigere una lista di paesi sicuri, aggiornata periodicamente (articoli 36 e 37 della direttiva)
Il caso controverso di Egitto e Bangladesh
Recentemente, l’Italia ha inserito Egitto e Bangladesh nella lista dei paesi sicuri, suscitando forti polemiche. Il 18 ottobre, una sentenza del Tribunale di Roma ha annullato il trattenimento di 12 richiedenti asilo provenienti da questi paesi, dichiarando che non possono essere considerati sicuri a causa di gravi violazioni dei diritti umani. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che un paese può essere definito sicuro solo se offre una sicurezza “generale e uniforme” su tutto il territorio e per tutte le categorie di persone, criterio che Egitto e Bangladesh faticano a rispettare. Tuttavia, la scelta di mantenere questi paesi nella lista è chiaramente strategica, dato che nel 2023 il 17% delle domande di asilo proveniva dal Bangladesh e il 13% dall’Egitto, i principali paesi di origine per i migranti diretti in Italia
Le modifiche normative e la risposta del Governo
Di fronte alla sentenza del tribunale, il governo italiano ha reagito prontamente, convocando un Consiglio dei Ministri e riducendo la lista dei paesi sicuri da 22 a 19, eliminando Camerun, Nigeria e Colombia ma mantenendo Egitto e Bangladesh. La scelta di adottare un decreto legge per blindare la lista punta a limitarne la vulnerabilità rispetto alle decisioni giuridiche. Tuttavia, poiché il diritto UE prevale su quello nazionale, i giudici potrebbero comunque disapplicare il decreto se in contrasto con la normativa europea
Un cambiamento di rotta rispetto alle promesse elettorali
Il programma di governo prevedeva inizialmente di istituire hotspot fuori dall’Europa per gestire i flussi migratori direttamente nei paesi di origine, riducendo così gli arrivi in Italia. Tuttavia, questa promessa elettorale è rimasta inattuata. Ostacoli come la mancanza di accordi stabili con paesi terzi e le complesse normative internazionali hanno reso il progetto irrealizzabile. Questo è un chiaro segnale della fragilità della gestione migratoria del governo Meloni, un tema su cui ha basato larga parte della sua campagna elettorale.
Inoltre, mentre da un lato si cerca di ridurre i flussi migratori, dall’altro il Decreto Flussi prevede di accogliere fino a 500.000 lavoratori migranti, una misura che secondo il Documento di economia e finanza è necessaria per sostenere la stabilità economica nazionale e non far esplodere il debito pubblico.
Considerazioni finali e una proposta
L’attuale gestione dei migranti, la definizione di “paese sicuro” e l’efficacia degli hotspot sollevano questioni profonde. È possibile considerare paesi come l’Egitto e il Bangladesh sicuri per i rimpatri, nonostante le evidenti violazioni dei diritti umani? La normativa europea è chiara nel richiedere che i diritti fondamentali siano rispettati, e ogni Stato dovrebbe adottare liste responsabili, rispettose di tali criteri.
Una proposta concreta? Invece di investire in progetti poco praticabili, sarebbe più efficace destinare risorse al miglioramento dei rimpatri, garantendo procedure sicure e rispettose dei diritti umani. Solo così si possono evitare situazioni in cui persone rimangono senza documenti né lavoro, vulnerabili al caporalato e alla criminalità organizzata.
Il governo Meloni sembra ancora lontano da soluzioni efficaci, mentre emergono debolezze strutturali nella gestione migratoria, una fragilità che potrebbe avere ripercussioni sul lungo periodo.